Curiosità

La Campana di Sant'Agata

Quando ancora era possibile camminare per le strade della città, incontrarsi, chiacchierare fra amici; quando, d’estate, si spalancavano finestre e balconi per accogliere in casa il gradito messaggio della brezza marina; quando, insomma, la vita a Catania scorreva tranquilla e il rumore non s’era fatto aggressivo come oggi, capitava spesso di udire (più o meno incisivo, a seconda della distanza e del vento) il timbro possente d’una voce amica: la voce inconfondibile della campana di Sant’Agata.
Oggi questa voce chi più la ode, soffocata com’è dall’infernale rumore che tutto sovrasta?
Chi, preso nella morsa del quotidiano andare, sente ancora il suggestivo richiamo della campana grande? Eppure, in tempi che sembrano ( e non sono ) assai lontani, non c’era catanese che non avvertisse una punta di orgoglio, che non provasse un’intima gioia, che restasse insensibile al suono di questa campana che in sé racchiude cinque secoli di storia patria (e andiamo per il sesto).Vorrei idealmente accompagnare i miei lettori in cima alla torre campanaria della Cattedrale e con loro intrattenermi su questo argomento che non manca certo di fatti e di spunti interessanti.
L’ idea di una grande campana nacque nella mente del vescovo Simone del Pozzo il quale, nella seconda metà del Trecento, ordinava la costruzione di un altissimo campanile, a fianco della Cattedrale, con l’evidente scopo di servire anche come osservatorio, e perciò come opera di difesa.Nel 1388 il campanile, alto più di cento metri, era stato già costruito, e la campana fusa. Un campanone grandioso, enorme, che lo zelante vescovo tenne a battesimo con particolare soddisfazione e che i catanesi accolsero con grande giubilo. Purtroppo, la vita di questa campana fu breve.
Nel 1427 era già rotta; e rotta la ritroviamo nel 1440, e poi nel 1503,e così nel 1594,e ancora nel 1614: come dire che, nell’arco di poco più di due secoli, la campana era stata spaccata e rifusa ben 5 volte.
Evidentemente, ci doveva essere qualcosa che non andava, un difetto nel manico, come si suol dire. Tant’è vero che, per non correre ulteriori rischi, sotto il vescovado di Bonaventura Secusio, la rifusione fu affidata a persone d’indiscussa abilità, ai Sanfilippo da Tortorici, padre e figli, i quali saggiamente, accrebbero il peso e lo spessore della campana stessa, riducendone le dimensioni.
Fu la volta buona.
Da quell’epoca (1614 ),ad onta del tempo trascorso e malgrado il periglioso volo del 1693,essa vive l’aerea, splendida avventura di regina delle campane.

Perché i suoi dati somatici emergano trasparenti dalle cifre, ecco la relativa carta d’identità:

NOME: Agata
DATA DI NASCITA: ottobre 1614
ALTEZZA: m.2,20
DIAMETRO: m.1,88
CIRCONFERENZA: m.5,90
PESO BATTAGLIO: kg. 194,38
PESO COMPLESSIVO: kg. 7.616
COLORITO: bruno
VOCE: armoniosa
SEGNI PARTICOLARI: diversi

Con tali caratteristiche, essa si colloca ai primi posti nella graduatoria nazionale delle grandi campane fra le quali spiccano quella di San Pietro in Vaticano, quella del Duomo di Milano, la campana maggiore del Campidoglio e quella della Chiesa Madre di Belpasso. A parte le rifusioni di cui s’è fatto cenno, vale la pena di ricordare che, crollato il campanile nel fatale pomeriggio dell’11 gennaio 1693, la campana andò a sbattere nella sottostante scogliera e, strisciando con violenza contro di essa, si conficcò nel mare, da dove fu recuperata qualche tempo dopo.Nella fatale caduta riportò profonde graffiature, tuttora ben visibili, ma non si spaccò. Dopo la ricostruzione della Cattedrale e prima ancora che il Vaccarini ne portasse a compimento il laborioso frontale, la campana trovò sistemazione in un campanile provvisorio. Nel 1856, avendo l’architetto Sciuto Patti ultimata l’attuale torre campanaria, la protagonista di questa storia vi venne definitivamente e onorevolmente collocata. Prima di concludere, mi par giusto tornare sui suoi dati somatici per sottolinearne qualche altro aspetto. Stabilito che in virtù delle sue dimensioni la campana si pone a buon diritto fra le prime d’Italia, resta da aggiungere che il timbro della voce, da tutti apprezzato per la rotonda armoniosità, è un DO naturale di toccante bellezza, dovuto ( secondo una radicata convinzione popolare ) ad un grosso quantitativo d’oro e d’argento, a suo tempo offerto dai fedeli catanesi, e al momento giusto unito alla lega della fusione. Sui segni particolari diremo l’essenziale, premettendo che l’ornamentazione, con 6 blasoni in bassorilievo e le iscrizioni in latino, ha un significato storico e anagrafico inconfondibile. Alla figura della Santa, sottolineata dal nome Agata e dallo stemma della città, con la sigla C.T.R. (Catana Tutrix Regum ),seguono le armi gentilizie del viceré del tempo (Pietro Girone Duca di Ossuna),quelle del Pontefice regnante (Paolo V),del vescovo Bonaventura Secusio e lo stemma reale borbonico (Filippo III re di Spagna e delle Due Sicilie). Intorno al lembo inferiore si leggono i nomi dei Senatori catanesi che si addossarono le spese della rifusione, seguono i nomi dei fonditori (Giacomo Sanfilippo e i figli Domenico e Francesco). Nel fronte, campeggia il significativo distico latino che merita d’essere integralmente riportato ( e tradotto per comodità del lettore):
<<Demones exspello, tempestates sereno,viventes voco et qui periere gemo>>
cioè:
<<Espello i demoni, acquieto le tempeste, chiamo i viventi e piango i morti>>.

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